Nuova molecola per la terapia del glioblastoma
ROBERTO COLONNA
NOTE E NOTIZIE - Anno XV – 03 novembre 2018.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org
della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia”
(BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi
rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente
lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di
pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei
soci componenti lo staff dei
recensori della Commissione Scientifica
della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
La scorsa settimana abbiamo presentato due studi
sul glioblastoma, che abbiamo così introdotto:
“Il glioblastoma
multiforme (GBM), neoplasia cerebrale estremamente invasiva ad alto grado
di malignità (IV grado), è attualmente considerato la forma più comune ed
aggressiva di cancro del cervello. […] Nonostante qualche progresso nella
diagnostica e nella terapia, la prognosi rimane estremamente sfavorevole, con
una sopravvivenza complessiva media di soli 11 mesi dalla diagnosi nella
popolazione generale degli affetti da GBM, e una sopravvivenza che va dai 14.6
ai 21 mesi nei partecipanti ai trial clinici
con terapie standard per il glioblastoma, inclusa la craniotomia maximum safe,
la radioterapia adiuvante e le chemioterapie. Per questo, c’è urgente bisogno
di giungere a nuove conoscenze, magari attraverso nuovi approcci, al fine di
migliorare radicalmente la terapia e le prospettive di vita delle persone
affette”[1].
Ora abbiamo subito l’occasione di integrare
l’aggiornamento con la recensione della sperimentazione di una nuova molecola
per la terapia di questa gravissima patologia oncologica.
Attualmente la terapia farmacologica del
glioblastoma multiforme si basa sull’impiego di temozolamide o suberoylanilide
acido idrossamico (SAHA, vorinostat), che comportano problemi e limiti. SAHA è
un inibitore della istone deacetilasi (HDAC) che può causare vari effetti
collaterali indesiderati, a causa della sua scarsa selettività. Una nuova
molecola ibrida, la sahaquina, ad
azione selettiva è l’oggetto di indagine di un nuovo studio, qui recensito.
(Zhang I., et al. Inhibition of glioblastoma cell
proliferation, invasion, and mechanism of action of a novel hydroxamic acid
hybrid molecule. Cell Death Discovery – Epub publication
doi: 10.1038/s41420-018-0103-0, 2018).
La
provenienza degli autori è la seguente: Department of Pharmacology and
Therapeutics, Department of Physiology, McGill University, Montreal, Quebec
(Canada); Brain Tumor Research Center, Montreal Neurological Institute and
Hospital, Department of Neurology and Neurosurgery, McGill University,
Montreal, Quebec (Canada); Faculty of Pharmacy and Biochemistry, University of
Zagreb, Zagreb (Croazia).
Il nuovo farmaco, studiato da Zhang e colleghi
canadesi e croati, ossia la sahaquina, è una molecola ibrida che inibisce a
concentrazioni nanomolari la deacetilasi citoplasmatica HDAC6 senza causare
soppressione marcata della classe I delle HDAC. L’inibizione della HDAC6 causa
una significativa acetilazione dell’α-tubulina, in tal modo invalidando il
processo di organizzazione del citoscheletro nelle cellule del glioblastoma.
Il segmento di primaquina della sahaquina
riduceva l’attività di P-glicoproteina che contribuisce alla resistenza ai
farmaci del glioblastoma. Zhang e colleghi propongono che il meccanismo
d’azione della sahaquina implichi l’inibizione della HDAC6 insieme con la
soppressione dell’EGFR (epidermal growth
factor receptor) e l’attività delle chinasi a valle, che costituiscono
bersagli terapeutici nel glioblastoma multiforme.
La sperimentazione ha dimostrato che la sahaquina riduce significativamente la vitalità e l’invasività dei tumoroidi di glioblastoma, così come delle cellule
staminali del tumore cerebrale, che costituiscono gli elementi chiave per la
sopravvivenza del tumore e per le sue recidive. Questi effetti terapeutici sono
accresciuti quando si combina la sahaquina con la temozolomide, con il composto
naturale quercetina o con la butionina sulfoximina, un inibitore della
biosintesi di glutatione.
Gli esiti di questa sperimentazione suggeriscono
che la combinazione di agenti in grado di perturbare l’omeostasi del gliobastoma
e delle cellule staminali tumorali possa realmente fornire un efficace
intervento anticancro.
L’autore della nota ringrazia
la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni
di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito
(utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).
Roberto Colonna
BM&L-03
novembre
2018
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